martedì 1 novembre 2016

L’IVA NEL RIADDEBITO DELLE SPESE PER SERVIZI

di IVO CIRACI - dottore commercialista e consulente del lavoro in Milano e Melegnano
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La questione del riaddebito dei costi al cliente – ai fini IVA - pone una serie di questioni che esulano dalla mera lettura delle correlate norme rendendosi necessario doversi indagare, a monte, sulla ‘natura’ del riaddebito, sul contesto delle prestazioni coinvolte oltre che sulla loro “periodicità qualitativa”.

L’individuazione della modalità di riaddebito deve essere ricondotta, dunque, ad una serie di domande che colui che riaddebita le spese deve farsi e, nello specifico, alla domanda principe ovvero “per quale ragione sto riaddebitando i costi al cliente?”.

Lo so, sembra banale ma – credetemi – non lo è affatto. Proviamo a porci insieme la citata domanda e vediamo come un ventaglio di ipotetiche risposte potrebbe essere:
a.       Perché il cliente mi ha chiesto – dandomi procura - di anticipare il pagamento di taluni costi specifici per suo conto e dovrò, dunque, riaddebitarglieli;
b.       Perché ho sostenuto dei costi strumentali e necessari al fine di fornire al cliente il servizio nel suo complesso e, tali costi, devono essere in qualche modo recuperati e, quindi, riaddebitati;
c.       Perché sono una società controllata che – occasionalmente – ricerca servizi specifici per la casa madre (essendo quest’ultima in territorio comunitario e, non conoscendo il mercato italiano - e allo stesso tempo, necessitando di un servizio offerto da fornitore italiano - chiede un supporto alla controllata residente), sostenendone il costo che poi, ovviamente, riaddebita alla medesima casa madre.

Potrebbero esserci, evidentemente, molte altre casistiche ma, per la caratteristica che vorrei distinguesse questo blog – LA PRAGMATICITA’ - porrò un ESEMPIO estremamente pratico:
La società BETA – soggetto passivo IVA di diritto francese – offre servizi assicurativi. Uno dei suoi clienti – il sig. Francois - si reca in viaggio in Italia e rimane coinvolto in un incidente stradale. Francois chiama il numero verde messo a disposizione da BETA, comunica l’accaduto, e richiede una serie di servizi compresi nella polizza stipulata con la BETA. Nello specifico richiede (ovviamente i servizi richiesti saranno di proposito semplificati):
1.       Servizio di soccorso stradale (per il recupero della sua auto incidentata);
2.       Servizio taxi per accompagnarlo in un vicino hotel.

La società BETA, non avendo contatti diretti con fornitori italiani, contatta la società ALFA – soggetto passivo IVA italiano – commissionando i servizi richiesti dal Sig. Francois.
La ALFA, infatti, si occupa professionalmente e abitualmente della organizzazione dei servizi di soccorso per conto di società assicuratrici (traino stradale, taxi, hotel, ambulanza, rimpatrio salme…) e, come richiesto dalla BETA, contatta i propri fornitori italiani provvedendo a inviare un mezzo per il soccorso stradale (sostenendo un costo pari a € 500,00 + IVA 22%) e un taxi per portare Francois al più vicino hotel (sostenendo un costo pari a € 200,00 + IVA 10%). I fornitori italiani fatturano direttamente alla società ALFA.
A questo punto il Sig. Francois è servito ed è il momento per la ALFA di fatturare il servizio offerto a BETA.
La BETA, come da accordi precedenti, sarà anche portata a conoscenza - nel dettaglio - dei costi sostenuti dalla ALFA (nel caso specifico soccorso stradale e taxi). Evidentemente, ALFA applicherà un MARK-UP – il suo guadagno – che ipotizziamo essere pari al 10%.
ALFA fattura a BETA nella seguente maniera:
-          Servizi di soccorso stradale: € 500,00 (non imponibile ex art. 7ter, co. 1, lett. a), DPR 633/72);
-          Servizio di taxi al di fuori del territorio comunale: € 200,00 (imponibile ex art. 7quater, co. 1, lett. b), DPR 633/72) con IVA 10%;
-          MARK-UP (pari al 10% di € 500,00 + € 200,00 = € 700,00): € 70,00 (non imponibile ex art. 7ter, co. 1, lett. a), DPR 633/72).
In questa maniera ALFA ha reso “trasparenti” – come da accordi - i costi sostenuti per conto di BETA, ha riaddebitato tali costi - ai sensi dell’art. 3, co. 3, DPR 633/72 - e applicato il suo MARK-UP (vgs. nota 1).

Ma siamo certi che tale metodo di fatturazione sia stato corretto?
Leggendo quanto riportato in nota 1 dalla norma sembrerebbe che il comportamento adottato dalla ALFA sia stato corretto. In effetti ALFA ha riaddebitato i costi come – ai sensi della citata norma – il mandatario senza rappresentanza avrebbe dovuto fare. La ALFA ha fatturato a BETA come se essa stessa ALFA avesse reso i servizi direttamente a BETA tenendo evidentemente anche conto del fatto che i servizi di trasporto di persone subiscono una deroga al principio di territorialità e, ex art. 7quater, co. 1, lett. b) del DPR 633/72, se resi nel territorio italiano nei confronti di committente residente in altro paese dell’UE, risultano imponibili.  

La posizione espressa dal Ministero (vgs. nota 2) è quella di un riconoscimento di una totale equiparazione della natura dei servizi ricevuti dal mandatario a quelli da lui resi al mandante e in tutte le ipotesi affrontate il Ministero ha sostanzialmente confermato che l’intervento di un terzo soggetto per lo svolgimento di un servizio a diretto beneficio del mandante non determina un mutamento della natura del servizio stesso, il cui trattamento Iva deve essere pertanto identico sia nei rapporti tra terzo e mandatario, sia tra quest’ultimo ed il proprio mandante (es:. se il servizio riaddebitato è esente IVA, tale esenzione è applicabile anche nel successivo riaddebito, così come l’applicabilità del regime di non territorialità ex art. 7-ter, DPR 633/72 o delle sue deroghe – nel caso specifico – ex art. 7-quater, DPR 633/1972).

Ma, ancora una volta, siamo certi che tale metodo di fatturazione sia stato corretto?

Ritengo si debba riflettere, nel caso che in questa sede si affronta, sul fatto che l’attività di ALFA è proprio quella di organizzare i servizi richiesti da BETA per renderli – in maniera coordinata ed adeguata – al cliente (Francois) e dunque ALFA non è un semplicemente un “riaddebitatore” passivo di spese, bensì un soggetto che esercita una propria attività d’impresa, distinta da quella del mandante per natura ed oggetto.
In tali circostanze il riaddebito del servizio costituisce l’oggetto proprio dell’attività d’impresa, assumendo quindi un nuovo e distinto connotato rispetto alla natura del servizio a monte acquistato assistendosi alla nascita di una nuova e diversa obbligazione tributaria avente ad oggetto una prestazione di servizi propria dell’impresa che l’esegue.
Assume primaria importanza la realizzazione di quell’eventuale quid novi e dall’analisi delle varie posizioni espresse dall’Agenzia emerge che il puro ribaltamento dei costi è accettabile quando l’attività del mandatario si limita al mero riaddebito del costo, senza aggiungere ulteriori prestazioni diverse e nuove.
Ma quando – come nel caso in esame - l’attività è svolta con attribuzione di un carattere di novità alla prestazione eseguita (coordinamento di servizi di natura diversa al fine di renderli congiuntamente idonei al soddisfacimento delle esigenze della BETA e dunque di Francois), il servizio eseguito è nuovo e diverso rispetto a quello acquistato dal mandatario e deve essere fatturato al mandante applicando il regime proprio della prestazione globalmente eseguita (con risultati anche ai fini dell’applicazione del principio di territorialità dell’imposta o dell’imponibilità dell’operazione).
In tali ipotesi (vgs. nota 3) il servizio reso da ALFA assumerebbe una nuova e distinta natura rispetto al mero ribaltamento di costi sostenuti non potendosi inquadrare il rapporto tra ALFA e BETA nell’ambito del mandato senza rappresentanza in quanto il servizio prestato da ALFA assume natura diversa dal mero ribaltamento di costi sostenuti.
Si ritiene che, sotto il profilo civilistico, le prestazioni in esame eseguite da ALFA a favore di BETA non possano essere ricondotte nello schema del “mandato senza rappresentanza” (ex art. 1705 c.c.), da cui conseguirebbe l’obbligo di un addebito del corrispettivo del servizio prestato da ALFA “speculare” a quello del rapporto originario e, quindi, territorialmente rilevante per il trasporto di persone e territorialmente non rilevante per il servizio di carro attrezzi.

Con la sentenza del 17 gennaio 2013 - causa C-224/11, la Corte di Giustizia Europea ha affrontato il tema della esatta interpretazione della fattispecie riguardante le prestazioni di servizi rese o ricevute ed inerenti il caso specifico di “operazioni di assicurazione”. Nella sentenza in commento, i giudici Europei hanno affermato che “…è bene sottolineare che tale ragionamento (riaddebito del costo in maniera speculare a come è addebitato dal fornitore al mandatario senza rappresentanza) si fonda sull’ipotesi in cui il concedente fatturi all’utilizzatore il costo esatto dell’assicurazione, e non può applicarsi nell’ipotesi in cui l’importo fatturato all’utilizzatore a titolo di costo della stessa sia più elevato di quello fatturato al concedente dall’assicuratore” (par. 68 della menzionata sentenza). In altri termini, la fattispecie di esenzione delle operazioni di riaddebito può essere invocata solo qualora il prestatore fatturi al committente il “costo esatto dell’assicurazione ...”, non potendosi, invece, applicare all’ipotesi in cui l’importo rifatturato sia di ammontare “diverso” rispetto a quello che l’assicuratore ha addebitato al prestatore.
La citata sentenza della Corte di Giustizia conferma, quindi, la tesi che qui si sostiene, laddove si attribuisce un carattere diverso ed autonomo al servizio prestato dalla ALFA rispetto ai servizi sottostanti, e ritiene corretto l’assoggettamento dei medesimi al trattamento dei servizi generici prestati da ALFA.

Sulla base delle argomentazioni sopra riportate, è parere di chi scrive che, nell'ambito dei servizi prestati da ALFA a favore delle società sue clienti, qualora i servizi forniti dalla ALFA non si sostanzino in un mero riaddebito dei costi ma consistano in un’autonoma e articolata prestazione di servizi, non sia configurabile la fattispecie del mandato senza rappresentanza, giacché le prestazioni fornite dalla ALFA a favore delle società clienti perdono la natura della fattispecie sottostante e devono essere, invece, assoggettata ad IVA, quale autonoma e diversa prestazione (reperimento, coordinamento e fornitura di una serie di servizi diversi tra di loro ma finalizzarti al medesimo risultato, ovvero, il soddisfacimento delle esigenze di Francois).

ALFA fatturerà a BETA nella seguente maniera:
-          Servizio di reperimento, coordinamento e fornitura di servizi di trasporto di persone e carro attrezzi fornito il giorno…. presso…. (si inseriranno i dettagli che si riterranno opportuni) per un totale di € 770,00 (500 + 200 + 70) (importo non imponibile ex art. 7ter, co. 1, lett. a), DPR 633/72);
-          Ai fini del soddisfacimento degli accordi circa la trasparenza dei costi sostenuti ALFA potrà allegare le fatture ricevute dai fornitori italiani o semplicemente resocontarli all’interno della fattura o allegandone un relativo prospetto.


Nota 1: l’art. 3, co. 3, ultimo periodo, DPR 633/72, dispone che “(…) le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario.”.
Se, invece, un mandatario opera con rappresentanza, il negozio giuridico si svolge – anche ai fini Iva – direttamente tra il mandante ed il terzo, determinando l’irrilevanza tributaria dell’interposizione (intermediario c.d. trasparente).
Il successivo art. 13, co. 2, lett. b), DPR 633/1972, definisce la base imponibile delle prestazioni ricevute dal mandatario senza rappresentanza, che è costituita dal prezzo di acquisto del servizio ricevuto dal mandatario, aumentato della provvigione (cd. mandato all’acquisto);

Nota 2: R.M. 6/E/1998, R.M. 146/E/1999, R.M. 170/E/1999, R.M. 250/E/2002, R.M. 117/E/2004;
Nota 3: la R.M. 23.7.2007, n. 176/E – circa un consorzio che offre ai consorziati servizi di supporto logistico ed amministrativo per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale di ciascuno di essi, precisa che il consorzio presta ai propri consorziati “(…) un servizio complesso e strutturato che esula dal semplice ribaltamento dei costi dei singoli beni o servizi acquistati dal consorzio medesimo (ad esempio utenze telefoniche, elettriche, affitto dei locali, ecc.)”;


sabato 22 ottobre 2016

La cessione d’azienda con patto di riservato dominio: e se il cedente è una ditta individuale? – I° PARTE -

di IVO CIRACI - dottore commercialista e consulente del lavoro in Milano e Melegnano.
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L’art. 109, co. 2, lett. a) del DPR 917/86 (TUIR) prevede che “i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti (…) alla data (…) della stipulazione dell'atto (…) per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà (…). Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà.”.

L’evidente scopo del legislatore è quello di frenare possibili operazioni elusive mirate alla postergazione della formazione dell’imponibile alla data in cui il pagamento è stato interamente effettuato (anche se solo per finalità di garanzia del venditore) come già affermato nella Ris. AdE n. 338/E del 01.08.2008.

Con la recente Ris. n. 91/E del 13.10.2016 l’Agenzia delle Entrate ricalca i propri passi rispondendo ad un interpello di una società - ALFA SRL - che ha ceduto nel 2009 alla Società BETA SRL un ramo d’azienda con pagamento rateale del prezzo e riserva di proprietà ex art. 1523 e ss. del C.C.. 

ALFA teme che BETA a breve non potrà più onorare il pagamento delle rate ventilando la possibilità di far valere la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 C.C. chiedendo chiarimenti circa il trattamento, ai fini IRES ed IRAP, da riservare in capo al venditore all’eventuale credito residuo non incassato (la società istante chiede, in realtà, delucidazioni relative anche ad altri argomenti non strettamente inerenti questa trattazione relativamente ai quali si rimanda il lettore alla citata risoluzione).

Con riferimento allo specifico quesito l’AdE ripercorre:

-Quanto previsto dal C.C. all’art. 1523 ovvero che “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”.

-Quanto previsto dai principi contabili OIC circa gli effetti della compravendita con riserva di proprietà ovvero:

1. OIC 13 – rimanenze – “Normalmente i beni sono inclusi nelle rimanenze quando si verifica il passaggio del titolo di proprietà. In alcuni casi i beni sono iscritti avendo riguardo al trasferimento dei relativi rischi per la rilevanza che tale momento ha nell’ambito di tali operazioni (ad esempio, vendita con riserva di proprietà)”. Quindi il cessionario, nel caso in esame, iscriverà il bene nel momento dell’assunzione dei relativi rischi – e non al termine del pagamento;

2. OIC 16 – immobilizzazioni immateriali - “(…) nei casi in cui non sia trasferita la piena proprietà o siano poste particolari condizioni, la rilevazione iniziale dell’immobilizzazione materiale avviene nel momento in cui sono assunti sostanzialmente tutti i rischi connessi alla sua acquisizione (ad esempio, il momento di rilevazione iniziale delle immobilizzazioni acquisite con riserva di proprietà generalmente non differisce da quello delle immobilizzazioni acquisite in piena proprietà)”;
3. OIC 19 – debiti – “(…) Se il titolo di proprietà è trattenuto dal venditore per ragioni di garanzia, come nel caso di vendita con patto di riservato dominio, (…) il debito è iscritto in bilancio in quanto di solito in tali casi rischi, oneri e benefici significativi connessi alla proprietà sono stati trasferiti all’acquirente”.

L’Agenzia, preoccupandosi di chiarire la contabilizzazione dell’operazione sottolinea come i predetti principi diano rilevanza non al momento del pagamento dell’ultima rata (e dunque al momento formale di trasferimento della proprietà) bensì al momento del trasferimento dei rischi e dei benefici. L’AdE, poi, evidenzia la coerenza fiscale dell’art. 109, co. 2, lett. a) del TUIR nel non tenere conto delle clausole di riserva della proprietà.
In conclusione, nel caso in cui il cedente si avvalga della clausola risolutiva, il ritrasferimento della “proprietà fiscale” attuerebbe un nuovo evento realizzativo (cessione d’azienda) di segno contrario rispetto a quello verificatosi a seguito della stipula del contratto di compravendita e dunque sarebbe necessario, da parte dell’originario cedente:


1. attribuire all’azienda riconsegnata un valore pari al valore normale dei beni che la compongono;
2. stornare il valore residuo del credito per un importo pari al valore normale dell’azienda riconsegnata ovvero (nell’ipotesi più probabile) in cui il valore normale dell’azienda sia inferiore al valore residuo del credito, la differenza costituirà una perdita su crediti deducibile ai fini IRES ai sensi dell’art. 101 del TUIR; tale perdita risulterà indeducibile ai fini IRAP in quanto relativa ad un fenomeno non rilevante per la determinazione del valore della produzione (l’AdE tratta anche il caso in cui il valore dell’azienda sia superiore al valore residuo del credito. Si rimanda il lettore, in caso di interesse, alla lettura della risoluzione medesima).
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Facciamo un breve ESEMPIO. 
La società ALFA vende il ramo d’azienda a 100 con patto di riservato dominio. Dopo che il cessionario ha pagato 20 (e poi non più pagato) ALFA, esercitando il suo legittimo diritto, rientra in possesso di quanto ceduto che, alla data di restituzione, è valutato 50 (valore normale). ALFA stornerà dal credito residuo (pari a 80, ovvero 100 – 20) il valore normale del ramo d’azienda alla data di restituzione (50) e la differenza (pari a 30, ovvero 80 – 50) sarà una perdita su crediti deducibile ai fini IRES ma non ai fini IRAP.
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Tutto chiaro? Sembrerebbe di sì. In regime d’impresa il cedente ha imputato la plusvalenza al corretto anno di competenza (quello di stipula dell’atto di cessione) e imputo la perdita su crediti nell’anno in cui rientra in possesso del bene.
Quindi nel caso di cessione di ramo d’azienda il cerchio si chiude ovvero, nonostante il cedente abbia pagato le imposte sulla plusvalenza da cessione interamente nell’anno di competenza per un corrispettivo futuro (vendita rateale) il cedente godrà della deduzione derivante dalla perdita su crediti che equilibrerà le sorti della materia imponibile.
Ma se il cedente cede l’unica ditta individuale? Se una volta ceduta la ditta individuale – e imputata per competenza la plusvalenza all’anno in cui è stipulato l’atto di vendita (seppur con patto di riservato dominio) – il cessionario risulta moroso costringendo il cedente a rientrare in possesso dell’azienda ceduta? 

Emergono, a questo punto, una serie di questioni sulle quali riflettere:
-il cedente ha pagato 35 di IRPEF (supponendo una plusvalenza di 100 e un’aliquota marginale pari al 35%) a fronte di un corrispettivo effettivamente percepito pari a, supponiamo, 10;
- il cedente rientra in possesso della ditta individuale (o di ciò che ne rimane) ma non ha più la qualifica di imprenditore (magari ha venduto ed è andato in pensione).

Quelle appena citate, insieme ad ulteriori questioni, meritano un ulteriore approfondimento che sarà oggetto della II° PARTE del presente articolo.



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lunedì 3 ottobre 2016

IL PRIMO ARTICOLO NON SI SCORDA MAI!

di IVO CIRACI - dottore commercialista e consulente del lavoro in Milano e Melegnano.


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E' con grande orgoglio e passione che inizio questa nuova avventura.. un blog di diritto tributario e diritto del lavoro.
E' vero, non sono il precursore di niente... lo fanno già in tanti, anche se con sorti differenti, ma l'innovazione non è solo invenzione.

L'innovazione è anche la sorpresa di scoprire che qualcosa di (ab)usato può ancora destare interesse. Che i percorsi già battuti possono essere riscoperti.



Questo blog percorrerà percorsi già battuti... sentieri calpestati centinaia o migliaia di volte... ma il passo non sarà lo stesso. Il cammino sarà costellato di argomentazioni - talvolta anche molto personali - che mi auguro diano non solo, come nei blog tradizionali relativi a questo settore, delle risposte tecniche ma anche - e direi soprattutto - le chiavi per poter ampliare le proprie conoscenze, lo stimolo per approfondire gli argomenti, le scintille per far nascere la passione per il diritto tributario e del lavoro.



E' con l'augurio di una supporto vicendevole alla crescita professionale e imprenditoriale che saluto i futuri potenziali lettori esortandoli a commentare, criticare, interagire non solo con me ma, e soprattutto, con argomenti difficili ma altrettanto affascinanti...



Buon diritto a tutti...