di IVO CIRACI - dottore commercialista e consulente del lavoro in Milano e Melegnano
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Premessa
La disciplina lavoristica degli
appalti è stata oggetto, nel corso degli ultimi anni, di continue modifiche. La
materia si concentra tradizionalmente tra le opportunità offerte dai
procedimenti di esternalizzazione (elasticità di utilizzo del personale e
assenza di vincoli contrattuali diretti) e, allo stesso tempo, gli stringenti
vincoli giuridici connessi al fenomeno interpositorio (lo schema si presta ad
assicurare al committente la concreta disponibilità di forza lavoro senza
quella corrispondente assunzione di responsabilità che deriverebbe dalla titolarità
dei rapporti di lavoro stessi).
Due, in particolare, sono i
settori di disciplina (per quel che qui interessa[1])
che presentano le maggiori criticità:
-
L’individuazione dell’appalto c.d. “genuino”;
-
Il regime
di solidarietà passiva operante tra committente, appaltatore ed eventuali
subappaltatori.
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L’individuazione
dell’appalto c.d. “genuino”
Con il D.Lgs. 276/2003 la L. 1369/1960 (che già disciplinava
l’argomento) è stata abrogata permanendo, nel sistema attuale, il divieto di
interposizione ma eliminandone la precedente presunzione assoluta.
L’imprenditore, oggi, è libero di appaltare a terzi l’esecuzione di opere o
servizi anche interni al proprio ciclo produttivo, purché si tratti di un
appalto vero e non di mere prestazioni di lavoro.
L’imprenditore, pertanto, ha di
fronte a sé diverse possibilità:
-
eseguire direttamente il servizio con proprio personale;
-
eseguire il servizio utilizzando personale
somministrato da apposite agenzie (quando consentito);
-
affidare il compimento del servizio ad un terzo,
lavoratore autonomo, che lo esegua con lavoro prevalentemente proprio;
-
appaltare
il servizio ad un terzo, imprenditore, che lo esegua con propria
organizzazione e a proprio rischio;
-
ricorrere alla “subfornitura industriale”.
L’appalto vero – ex art. 1655,
cod. civ.[2]
- denominato anche “genuino” dall’art. 84, co. 2, D.Lgs. 276/2003[3],
si distingue dalla “interposizione illecita” e dalla “somministrazione di
lavoro” proprio in quanto l’appaltatore
non si limita a fornire personale, ma organizza i mezzi necessari e assume il
rischio d’impresa (art. 29, co. 1[4]
e art. 84, co. 2, D.Lgs. 276/2003 (vgs. ancora nota 3)).
Il legislatore precisa che, in determinati appalti, quelli che non richiedono un rilevante
impiego di beni strumentali, il
criterio discretivo legittimante può consistere nell’esercizio da parte
dell’appaltatore “del (solo) potere organizzativo e direttivo nei
confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto” (art. 29, co. 1, D.Lgs. 276/2003
(vgs. nota 4)).
Requisiti fondamentali per un
regolare e corretto contratto di appalto sono dunque:
• la sussistenza del rischio
di impresa[5] a carico dell’appaltatore;
• l’organizzazione
dei mezzi necessari[6]
(può risultare anche (in relazione all'opera o servizio) dal solo esercizio del
potere direttivo negli appalti che non richiedono un rilevante impiego di beni
strumentali).
Alla luce dei criteri esposti si possono tracciare
delle indicazioni operative schematiche, una sorta di “decalogo” che il
committente dovrà seguire per contenere i rischi di riqualificazione in termini
di somministrazione irregolare.
In particolare:
· Verificare l’idoneità
tecnico-professionale dell’impresa appaltatrice:
-
Art. 26, co.1, lett. a), D.Lgs n. 81/2008;
-
Art. 55, co.5, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008;
· i lavoratori dell’appaltatore non devono sostituire
per nessuna ragione i dipendenti del committente;
· i lavoratori dell’appaltatore prendono ordini soltanto
dall’appaltatore, che nomina a tal
fine un “responsabile del servizio”; è dunque vorato individuare un responsabile dell’appalto,
scelto tra i lavoratori dell’appaltatore che operano nell’appalto, e di un
omologo referente del committente. Attraverso questi soggetti devono avvenire i
contatti e le comunicazioni delle due strutture organizzative rispetto
all’esecuzione dell’appalto;
· se possibile operare una qualsivoglia separazione fisica all’interno dei
locali tra zone in cui opera il committente e zone in cui opera l’appaltatore;
· utilizzo
da parte dell’appaltatore di propri macchinari per l’esecuzione dell’appalto (evitare il separato
contratto di comodato da parte del committente a favore dell’appaltatore, in
quanto il contratto di appalto col contratto di comodato potrebbero risultare
di fatto un’unica operazione economica con lo scopo di aggirare gli obblighi di
legge);
• i lavoratori
dell’appaltatore non devono essere soggetti al potere direttivo e di controllo del
committente o di uno o più collaboratori di quest’ultimo, non possono essere
allontanati né sanzionati dal committente né da questo retribuiti; non devono
giustificare le proprie assenze al committente né a questo devono richiedere le
ferie, permessi o giustificare ritardi;
• i lavoratori
dell’appaltatore devono essere
riconoscibili come lavoratori dell’appaltatore (apposita divisa,
dotazione dei dispositivi di protezione individuale da parte dell’appaltatore, tesserino di riconoscimento[7]);
nei luoghi di lavoro non devono confondersi con i lavoratori del committente:
va assolutamente evitata la messa a disposizione di abbigliamento con loghi del
committente; ogni lavoratore potrà accedere al lavoro solo se munito di
apposito tesserino di riconoscimento (art. 5, L. 136/2010[8]).
A questo proposito sarebbe consigliabile far sottoscrivere all'appaltatore una
Circolare riguardante l’ampliamento dei dati da inserire nella tessera di
riconoscimento da consegnare ai lavoratori occupati nell'appalto, per una loro
immediata identificazione. (Allegato B)
• i medesimi lavoratori non
devono essere impiegati in lavori diversi da quelli appaltati;
· provvedere alla quantificazione
del prezzo dell’appalto “a corpo” e non parametrato alle ore di lavoro.
Nel caso in cui ciò sia inevitabile, è necessario che nel contratto sia
evidente che l’oggetto dell’appalto è un risultato (opera o servizio) ben
definito ed autonomo rispetto all'attività del committente. Ciò al fine di
evidenziare sia l’autonomia organizzativa sia il rischio d’impresa da parte
dell’appaltatore[9].
CONTINUA....
Le parti 2°, 3° e 4° verranno pubblicate rispettivamente in data 21 maggio, 4 giugno e 11 giugno.
CONTINUA....
Le parti 2°, 3° e 4° verranno pubblicate rispettivamente in data 21 maggio, 4 giugno e 11 giugno.
[1] Il presente lavoro non affronterà le
problematiche relative alla sicurezza sul lavoro salvo brevi e incidentali
riferimenti al D.Lgs. 81/2008;
[2] Art. 1655, C.C. “L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione
dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera
o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”;
[3] Art. 84, co. 2, D.Lgs. 276/2003 “(…) interposizione illecita e appalto genuino, che tengano conto della
rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e della assunzione
effettiva del rischio tipico di impresa da parte dell'appaltatore.”;
[4] Art. 29, co. 1, D.Lgs. 276/2003 “(…) il contratto di appalto (…) si distingue dalla somministrazione di
lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che
può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio
dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo
nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione,
da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.”;
[5] Il “rischio di impresa” sussiste quando
l’appaltatore, ex ante, non ha la certezza di percepire un’utilità economica
dall’appalto intrapreso e questo per diversi fattori che potrebbero intervenire
in corso di svolgimento: il corrispettivo stabilito potrebbe, ad esempio, non
coprire i costi dei materiali, delle attrezzature e della manodopera in caso di
eventi sopravvenuti.
Tra gli indici rivelatori della
sussistenza del rischio di impresa rientrano (Min. lav., circ. 11 febbraio
2011, n. 5):
a)
l’appaltatore
ha già in essere un’attività imprenditoriale che viene esercitata abitualmente;
b)
l’appaltatore
opera per conto di diverse imprese;
c)
l’appaltatore
viene remunerato effettivamente per il risultato finale concordato, indipendentemente
dalle ore o dai giorni lavorati dai propri dipendenti;
[6] Presuppone la disponibilità da parte di
un vero imprenditore delle attrezzature, dei macchinari, nonché dell’esistenza
di una vera e propria organizzazione tecnico gestionale;
[7] Art. 26, co. 8, D.Lgs. 81/08 “Nell'ambito dello svolgimento di attività in
regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice
o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento
corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro.”
[8] Art. 5, L. 136/2010 “La tessera di riconoscimento di cui all'art.
18, co. 1, lett. u), D.Lgs. 81/2008, deve contenere, oltre agli elementi ivi
specificati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la
relativa autorizzazione. Nel caso di lavoratori autonomi, la tessera di
riconoscimento di cui all'art. 21, co. 1, lett. c), del citato D.Lgs. 81/2008
deve contenere anche l'indicazione del committente.”;
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